L’economia globalizzata è una macchina potentissima ma fragile e instabile: è questo uno dei messaggi che la crisi che stiamo attraversando ci sta dicendo. In particolare l’economia globalizzata crea enormi opportunità di ricchezza, ma produce anche nuovi costi, tra cui una radicale incertezza dei sistemi finanziari, e squilibri sociali più forti. Spesso le conseguenze delle crisi le pagano settori sociali diversi da quelli che la procurano, e normalmente molto più poveri. Ecco perché il tema della giustizia sociale è oggi direttamente anche il tema dominante della nuova economia: lo stiamo vedendo in medio-oriente (non dobbiamo dimenticare che la rivoluzione di questi mesi è stata innescata da faccende di giustizia economica), e, credo, lo vedremo nei prossimi anni ancor più nei Paesi arabi ma anche  in Cina e in India dove, una volta che le libertà individuali e la democrazia prenderanno il sopravvento, non sarà più tollerata l’enorme diseguaglianza che oggi ritroviamo in questi nuovi colossi.
È mia convinzione che nel mondo sta maturando una crescente intolleranza nei confronti della diseguaglianza, all’interno dei singoli Paesi e tra Paesi, come se l’uomo post-moderno, informato e globale, dopo la democrazia politica oggi inizi seriamente a richiedere anche la democrazia economica, e sembra essersi accorto, con fatica e con ritardo, che la democrazia economica è parte essenziale della democrazia politica. Infatti il mercato, essendo un ambito della vita in comune retto dalla regola aurea del mutuo vantaggio, non riesce ad assicurare la giustizia distributiva, anzi, in certo senso, se non è accompagnato da altri principi e istituzioni co-essenziali, nel tempo il mercato tende ad aumentare le diseguaglianze. Da una parte, infatti, il mercato è luogo della libertà e della creatività basato sui talenti individuali, e i talenti non sono distribuiti in modo uniforme nella popolazione; dall’altra, nella gara del mercato non partiamo tutti dalla stessa linea, e chi ha di più oggi (risorse, istruzioni, opportunità …) tende ad avere ancora di più domani.
Che fare allora? Il 29 maggio 2011 è l’anniversario dell’istituzione dell’Economia di Comunione (EdC), il progetto economico lanciato, in Brasile, da Chiara Lubich, nello stesso mese nel quale Giovanni Paolo II aveva pubblicato la Centesimus annus, un’ enciclica che Chiara aveva letto e meditato durante quel viaggio. Per questa occasione rappresentanti del mondo dell’EdC si ritroveranno a San Paolo dal 25 al 29 maggio per un bilancio dei primi venti anni, e soprattutto per guardare ai prossimi venti (www.edc-online.org). Il messaggio lanciato da Chiara in quel viaggio brasiliano è oggi ben vivo, matura e cresce nella storia, ben oltre la comunità (i Focolari) nel quale l’EdC è nata, come ha ben colto Benedetto XVI che l’ha voluta indicare nella Caritas in Veritate come una esperienza da sviluppare e diffondere.
Il messaggio è semplice e chiaro: l’impresa deve essere innanzitutto uno strumento e un luogo di inclusione e di comunione, che mentre produce ricchezza si occupa anche di redistribuirla, e quindi di giustizia. Se infatti vogliamo che cresca la democrazia economica e la giustizia redistributiva non possiamo e non dobbiamo fare troppo affidamento sugli Stati o sui Governi: deve essere la stessa impresa, sotto la spinta della società civile e dei cittadini del mondo, ad evolvere e ad occuparsi di cose nuove, di quelle res novae del contesto globalizzato in cui viviamo. L’impresa non può limitarsi ad operare nei limiti della legge, pagare le tasse (anche quando le paga), e fare un po’ di filantropia per abbonirsi i clienti. In questa nuova fase all’impresa è chiesto di più, molto di più, se vogliamo che la società civile consideri l’impresa e l’economia come amiche per il Bene comune. Ben venga allora il compleanno dell’EdC, se ricorda a tutte le imprese questo bisogno di diventare altro, di evolvere in una economia a misura di persona.
di Luigino Bruni, pubblicato su Mondo e Missione – Maggio 2011The global economy is a very powerful machine yet it is fragile and unstable. This is one of the messages of the crisis we find ourselves in. Specifically, the globalized economycreates enormous opportunities of wealth but also produces new costs. Among them is the radical uncertainty of the financial systems and stronger social imbalances. Oftentimes the consequences of these crises are borne not by the social sector that caused it and normally the much poorer ones. This is why the theme of social justice today is also the dominant theme of the new economy. We are witnessing it in the mid-Orient (we should not forget that the revolution these months were triggered by issues relating to economic justice). I believe we will continue to see this in the coming years not only in the Arab countries but also in China and in India. When individual freedom and democracy takes over, the enormous inequality we find in these new giants will no longer be tolerated.


It is my belief that the there is a growing intolerance for inequality, whether within countries and among countries. It seems as if the post-modern man, informed and global, after having achieved political democracy, is now seriously demanding economic democracy. It seems as if he’s become aware, with much struggling and with much delay, that economic democracy is an essential part of political democracy. In fact, the market, though being a venue of life in common, governed by rules based on mutual advantage, is not able to ensure a just distribution. Moreover, in the absence of other principles and institutions, the market tends to augment the inequalities in time. On one hand, the market is in fact a free place, of creativity based on individual talents and the talents are not evenly distributed across the population. On the other hand, we do not part from the same starting line in this market race. He who has more (resources, education, opportunities) tends to have even more tomorrow.
What can be done then? May 29, 2011 marks the anniversary of the Economy of Communion (EoC), the economic project launched by Chiara Lubich in Brazil. It was the same month that Pope John Paul II published  Centesimus annus, an encyclical that Chiara had meditated on during that trip. Representatives of the EoC from various parts of the world will come together in San Paolo ,from May 25 to 29, to celebrate this occasion. It will be a chance to review the first twenty years but more importantly, to look into the next twenty years. (www.edc-online.org).  The message that Chiara launched during that trip remains alive today and continues to mature and grow in history. It has reached beyond the Focolare community where the EoC was born. Pope Benedict XVI has cited it in Caritas in Veritate as an experience that needs to be developed and propagated.
The message is simple and clear: the enterprise has to be, above all, an instrument and a place of inclusion and of communion. While it produces wealth, it should also distribute wealth, thereby making it a place of justice. If we really want economic democracy and just redistribution, we cannot and should not rely on the States or on the governments. It should be the same enterprise, with the encouragement of civic society and the citizens of the world, which evolves and looks after the new things, of those res novae in the global context we live in.  The enterprise cannot limit itself to operating legally, paying taxes (even when they pay) and to engaging in some philanthropic efforts to gain clients. In this new phase, there is so much more that is demanded from the enterprise, if we want civil society to consider the enterprise and economy as partners for the common good. If all enterprises remember this need to become more and to evolve into an economy for the person, we then welcome the anniversary of the EoC.
Editorial published on Mondo e Missione n.5/2011Die globalisierte Wirtschaft ist ein mächtiges Instrumentarium, aber gleichzeitig empfindlich und instabil. Das ist eine der wichtigsten Erkenntnisse der gegenwärtigen Finanzkrise. Im Besonderen schafft diese Wirtschaftsform ungeheure Möglichkeiten, Reichtum zu vermehren, produziert aber auch neue Kosten. Dazu gehören die dramatische Unsicherheit der Finanzsysteme und noch krassere soziale Ungerechtigkeiten. Oft zahlen diejenigen am meisten für die Finanzkrise, die am wenigsten daran beteiligt waren. Darum ist die Frage nach sozialer Gerechtigkeit das dominante Thema einer neuen Wirtschaftsordnung: das wird heute deutlich in Nordafrika (wir dürfen nicht vergessen, dass die Auflehnung des Volkes gegen die verschiedenen Regierungen in erster Linie in riesigen sozialen Ungerechtigkeiten begründet liegt). Ich glaube, dass werden wir in den kommenden Jahren gerade in den arabischen Staaten noch häufiger erleben, aber auch in China und Indien. Wenn persönliche Freiheiten und Demokratisierung hier an Wachstum gewinnen, werden die ernormen sozialen Unterschiede nicht mehr toleriert werden.
In der Welt von heute braut sich eine wachsende Intoleranz gegen die sozialen und wirtschaftlichen Unterschiede zusammen, in den einzelnen Ländern, aber auch unter den Ländern. Man hat den Eindruck, dass der Mensch des postmodernen Zeitalters nach der politischen Demokratie auch die wirtschaftliche Demokratie verlangt. Es hat lange genug gedauert, bis er gemerkt hat, dass zur politischen Demokratie auch die wirtschaftliche Demokratie gehört. Der Markt heute ist nicht in der Lage, die gerechte Verteilung der Güter zu garantieren oder auch nur zu wollen, obwohl er Ausdruck des Gemeinwohls sein müsste. Im Gegenteil, dieses System ist geradezu darauf angelegt, wirtschaftliches Ungleichgewicht zu verstärken. Auf der einen Seite ist die freie Marktwirtschaft der Ort, wo sich  Freiheit, Begabung und Kreativität Einzelner verwirklichen lässt, auf der anderen Seite ist der Ausgangspunkt mehr als unterschiedlich. Die einen verfügen über Wissen und Information, die anderen nicht. Das wiederum bewirkt, dass die, die bereits etwas haben, immer mehr haben werden, weil die anderen von den Voraussetzungen her nicht mithalten können.
Was also tun? Am 29. Mai 2011 wird die „Wirtschaft in Gemeinschaft“ 20 Jahre alt. Chiara Lubich hat sie vor 20 Jahren in Brasilien angestoßen, im gleichen Jahr, in dem Johannes Paul II. die Enzyklika Centesimus annus veröffentlicht hat und die Chiara auf dem Flug nach Brasilien ausführlich studiert hat. Zu diesem Jubiläum kommen vom 25. bis 29. Mai Unternehmer, Studenten, Arbeiter und Professoren nach San Paolo, um die nächsten 20 Jahre in den Blick zu nehmen (www.edc-online.org).
Die Botschaft, die Chiara damals in Brasilien an die ganze Fokolar-Bewegung gerichtet hat, ist heute lebendiger denn je, durch Erfahrung gereift und auch außerhalb der  Fokolar-Bewegung verbreitet und geschätzt. Benedikt XVI. hat sie in der „Caritas in Veritate“ als Beispiel, das es zu verbreiten gilt, aufgeführt.
Die Botschaft ist klar und einfach: Das Unternehmen muss zu einem Ort der Gemeinschaft werden. Es erarbeitet Gewinne, die gerecht verteilt werden, damit wird es auch zu einem Ort der Gerechtigkeit. Wir dürfen bei diesem Einsatz für die gerechte Verteilung der Güter nicht so sehr auf Staaten und Regierungen bauen. Die Unternehmer selbst müssen die Sache in die Hand nehmen, sie sind in erster Linie gefragt, sie können damit beginnen, die Wirtschaftsordnung konkret in ihrem Bereich zu verändern. Das Unternehmen darf sich  nicht damit begnügen, sich im Rahmen der Rechtsstaatlichkeit zu bewegen, Steuern zu bezahlen und durch ein wenig Menschenfreundlichkeit die Kunden zu beeindrucken. Es wird viel mehr verlangt, wenn man wirklich etwas verändern möchte. Dieser 20. Geburtstag wird eine große Feier und eine tiefschürfende Gewissenserforschung werden.La economía globalizada es una máquina potentísima, pero frágil e inestable. Este es uno de los mensajes que podemos sacar de la crisis que estamos atravesando. La economía globalizada crea enormes oportunidades de riqueza, pero produce también nuevos costes, una incertidumbre radical de los sistemas financieros y fuertes desequilibrios sociales. Muchas veces las consecuencias de las crisis las pagan otros sectores distintos de los que las provocaron y normalmente son mucho más pobres. Por eso la justicia social es hoy directamente el tema dominante de la nueva economía. Lo estamos viendo en Oriente Medio (no olvidemos que lo que ha desencadenado la revolución de estos meses son problemas de justicia económica), y creo que lo seguiremos viendo en los próximos años en los países árabes, pero también en China e India donde, una vez que las libertades individuales y la democracia levanten el vuelo, dejará de tolerarse la enorme desigualdad que encontramos hoy en estos nuevos colosos.
Estoy convencido de que el mundo se está haciendo cada vez más intolerante con respecto a la desigualdad, dentro de cada país y entre distintos países, como si el hombre post-moderno, informado y global,después de la democracia política empezara a pedir seriamente democracia económica. Y parece que se está dando cuenta, aunque tarde y con dificultad, de que la democracia económica es parte esencial de la democracia política. En efecto, el mercado, que es un ámbito de la vida en común regido por la regla de oro de la ventaja mutua, no es capaz de asegurar la justicia distributiva, sino más bien todo lo contrario. A no ser que vaya acompañado de otros principios e instituciones coesenciales, con el tiempo el mercado tiende a aumentar las desigualdades. El mercado es, por una parte, un lugar de libertad y creatividad que se basa en el talento individual y los talentos no están uniformemente distribuidos entre la población. Pero por otra parte, en la competición del mercado no salimos todos de la misma línea y aquellos que hoy tienen más (recursos, educación, oportunidades …) tienden a tener todavía más mañana.
Entonces ¿qué podemos hacer? El 29 de mayo de 2011 es el aniversario de la institución de la Economía de Comunión (EdC), el proyecto económico lanzado en Brasil por Chiara Lubich, en el mismo mes en que Juan Pablo II publicó la Centesimus annus, una encíclica que Chiara leyó y meditó durante aquel viaje. En esta ocasión, representantes del mundo de la EdC volverán a encontrarse en Sao Paulo del 25 al 29 de mayo para hacer balance de estos primeros 20 años y sobre todo para mirar a los próximos 20 (www.edc-online.org). El mensaje lanzado por Chiara durante aquel viaje a Brasil sigue hoy muy vivo, está creciendo y madurando en la historia, mucho más allá de la comunidad (los Focolares) en la que nació, como bien ha percibido Benedicto XVI cuando ha querido señalarla en la Caritas in Veritate como una experiencia a desarrollar y difundir..
El mensaje es sencillo y claro: la empresa debe ser antes que nada un instrumento y un lugar de inclusión, de comunión y de justicia, ya que a la vez que produce riqueza se encarga de redistribuirla. Si queremos que la democracia económica y la justicia redistributiva crezcan, no podemos dejarlo todo en manos de los estados o los gobiernos. Debe ser la propia empresa, impulsada por la sociedad civil y por los ciudadanos del mundo, la que evolucione y empiece a ocuparse de cosas nuevas, de las “res novae” del contexto globalizado en que vivimos. La empresa no puede limitarse a operar dentro de la legalidad, pagar los impuestos (aun cuando lo haga) y hacer un poco de filantropía para apaciguar a los clientes. En esta nueva fase, a la empresa se le pide más, mucho más, si queremos que la sociedad civil considere a la empresa y a la economía como amigas del Bien común. Bienvenido sea el cumpleaños de la EdC si sirve para recordar a todas las empresas esta necesidad de convertirse en otra cosa, de evolucionar hacia una economía a la medida del hombre.
Editorial publicado en Mondo e Missione n.5/2011A economia globalizada é uma máquina muito potente mas frágil e instável. Esta é uma das mensagens que a crise que estamos atravessando nos está a dizer. Em modo especial a economia globalizada cria oportunidades enormes de riqueza, mas produz também novos custos, entre os quais uma incerteza radical dos sistemas financeiros,  e desiquilíbrios sociais mais fortes. Normalmente quem sofre as consequências das crises são setores sociais diferentes daqueles que as causaram e, em geral, muito mais pobres. É por isso que o tema da justiça social hoje é também diretamente o tema dominante da nova economia. Estamos vendo isso no Oriente Médio (não nos podemos esquecer que a revolução destes meses se desencadeou por questões de justiça económica), e, creio que o vamos ver ainda mais nos próximos anos nos países árabes, mas também na China e na Índia onde, quando as liberdades individuais e a democracia assumirem o controle, deixará de ser tolerada a enorme desigualdade que hoje encontramos nestes novos gigantes económicos.
Estou convencido de que no mundo está a amadurecer uma crescente intolerância em relação à desigualdade, dentro dos Países e entre os Países, como se o homem pós-moderno, informado e global, depois da democracia política, hoje comece seriamente a pedir também a democracia económica, e parece ter percebido, com esforço e com demora, que a democracia económica é parte essencial da democracia política. De fato o mercado, sendo um âmbito da vida em comum que se rege pela regra de ouro do benefício mútuo, não consegue garantir a justiça equitativa. Pelo contrário, num certo sentido, se não for acompanhado por outros princípios e instituições co-essenciais, com o passar do tempo o mercadotende a aumentar as desigualdades. De fato, por um lado o mercado é lugar de liberdade e de criatividade baseado em talentos individuais, e os talentos não são distribuídos de modo uniforme na população; por outro, na competição do mercado não partimos todos da mesma linha e hoje quem tem mais (recursos,educação, oportunidades…) tende a ter ainda mais no futuro.
O que fazer então? Dia 29 de maio de 2011 é o aniversário da instituição da Economia de Comunhão (EdC), o projeto económico lançado no Brasil, por Chiara Lubich, no mesmo mês em que João Paulo II tinha publicado a Centesimus annus, uma encíclica que Chiara tinha lido e meditado durante aquela viagem. Para esta ocasião, representantes do mundo da EdC vão-se encontrar em São Paulo, de 25 a 29 de maio, para um balanço dos primeiros vinte anose sobretudo para olhar para os próximos vinte (www.edc-online.org). A mensagem lançada por Chiara naquela viagem brasileira está hoje bem viva, madura e cresce na história, muito além da comunidade (os Focolares) na qual a EdC nasceu, como bem se apercebeu Bento XVI que quis indicá-la na Caritas in Veritate como uma experiência a ser denvolvida e difundida.
A mensagem é simples e clara: a empresa deve ser, antes de tudo, um instrumento e um lugar de inclusão e de comunhão que, enquanto produz riqueza, também se ocupa de a redistribuir e, portanto, de justiça. Se queremos, de fato, que a democracia económica e a justiça redistributiva cresçam, não podemos e não devemos confiar demais nos Estados e nos Governos. Deve ser a própria empresa, sob o impulso da sociedade civil e dos cidadãos do mundo, a desenvolver e a ocupar-se de coisas novas, daquelas res novae do contexto globalizado em que vivemos. A empresa não pode limitar-se a trabalhar nos limites da lei, a pagar os impostos (mesmo quando os paga), e a fazer um pouco de filantropia para ganhar clientes. Nesta nova fase é pedido muito mais à empresa, se quisermos que a sociedade civil considere a empresa e a economia como amigas para o Bem comum. Seja bem-vindo então o aniversário da EdC, se recordar a todas as empresas esta necessidade de se tornarem uma outra coisa, de evoluirem para uma economia à medida da pessoa.

 

全球化的經濟正如日中天,威力無比,然而卻有其脆弱與不穩定的一面,這就是大家正經歷的經濟危機給與我們的其中一個教訓。全球化的經濟無疑是提供富裕的大好良機,但卻造成金融系統徹底不穩定;並加重社會失調。往往社會上其他範疇的人士要承擔由他人引發的經濟危機所帶來的後果,而通常受害者是更貧窮的人。為此,今天社會公義的話題成爲新經濟的主題。最近中東的情況足以為證(我們不可忘記這幾個月來所引起的革命,乃因經濟正義而觸發的),我相信,我們在未來的幾年會看到阿拉伯的國家會有更大的趨勢,甚至中國和印度等,個人自由與民主的趨勢一旦佔有上風,就很難再容忍目前在這些新巨頭強國中出現的極度不公平。
我深信,全球正醖釀不能再忍受不公平的狀態,包括個別的國家内部和國家與國家之間,彷彿後現代的人類,經歷著資訊與全球化,在目前政治民主的進程中,也開始認真地要求一種民主的經濟,歷經艱辛與延誤,但似乎人們已意識到,民主經濟是民主政治的重要組成部份。事實上,市場就是一個大家共同的生活環境,要靠互惠互利的金科玉律來維持。在某方面而言,假如缺乏其他的理念與本是同根生的原則,很難確保公平的分配。相反,市場只會令不平等變本加厲。的確,另一方面,市場是一個自由的和發揮個人天賦與創作力的地方,但人人的才華有別,不可能是統一分佈在人口中的。另外,市場上的競爭中,大家並非在同一的起跑線上,那麽,那些目前佔有優勢的人(包括資源、教育、機會……等方面),往往會出現富者越富的趨勢。

 

 那麼,要怎樣面對?2011年5月29日,慶祝共融經濟成立20周年。這個經濟的行動由盧嘉勒在巴西發起。當月,若望保祿二世發表《百年》通諭。盧嘉勒到巴西的旅途上已閱讀和默想這部通諭。
在這個慶祝的場合上,全球採用共融經濟理念的企業家代表將於5月25日至29日,相聚巴西聖保羅市,檢討共融經濟20年來的得失,並展望未來20年的發展。詳情請瀏覽(www.edc-online.org).。20年前盧嘉勒在巴西之行發起的那份經濟的訊息,今天仍然充滿活力,並隨著歲月更趨成熟和日益增長。它已跨越了使共融經濟誕生的團體(普世博愛運動)的範疇,正如教宗本篤十六世於《在真理中的仁愛》通諭上也提到共融經濟,並表示這種經驗是值得提倡與發展的。
盧嘉勒發起的共融經濟的訊息既簡單又清晰。企業首先必須是一個包容接納與體現共融的工具與環境,企業在製造財富的同時,也應顧及財富的重新分配,務求達到公平。事實上,假如我們要加強民主經濟和重新分配的公允,我們不可以,更不應該太依賴於國家或政府,每個企業本身應該必須具有社會公民與全球居民的心態,關心與處理新的事物,即我們生活在其内的全球化社會的『政治變遷』。企業不可局限於按法規經營,納稅(還應該如期繳稅)……,或以一些慷慨的表現來取悅客戶。如果我們期望獲得社會公民視企業與經濟如同人類公益的朋友,那麼,企業在這個新階段必須付出更多,更多。慶祝成立共融經濟的周年紀念,意義在於提醒所有企業要日新又新,演變成爲一種以人為本的經濟。
布魯尼教授(Luigino Bruni)撰(節錄自《世界與使命》雜誌2011年5月)